Collocandosi sul filo lungo della tradizione odeporica e sulle reti di rapporti tra Oriente e Occidente, la ricerca si propone di analizzare le relazioni dei viaggiatori nell’Impero ottomano tra XVI e XVIII secolo sottraendole a logiche gerarchiche di natura artistica e valoriale per meglio coglierne le peculiarità di contaminazione (esterno/interno), d’incontro (l’Altro, l’Altrove), di meditazione metaforica (la peregrinazione come emblema dell’esistenza stessa). Stimolanti sollecitazioni letterarie, politiche, antropologiche, imagologiche ne esaltano, infatti, il valore quali testi portatori di una funzione centrale nei circuiti della conoscenza, chiave di accesso preziosa per la più puntuale comprensione delle forme di costruzione di immagini identitarie nazionali. E fu proprio grazie anche a queste immagini che le società italiane di antico regime, ponendosi a confronto con l’esterno, iniziarono a percepire le proprie affinità interne: di lingua, di cultura, di valori, di continuità spaziali. Da questa prospettiva, dunque, il racconto delle peregrinazioni nelle terre del Levante, con il suo essere depositario di variegate valenze pedagogiche e culturali, appare portatore di un desiderio di trasmettere l’emozione dell’incontro con la diversità: un obiettivo nel cui interno vennero a confluire conflitti ideologici e militari, opposizioni religiose e culturali, forme miste di riprovazione e di ammirazione dell’Altro: componenti assolutamente non statiche e fisse nel tempo, ma in diretta relazione con le guerre, con gli scambi, con le politiche delle corti, italiane ed europee.
Formica, M. (2010). Viaggiatori italiani nell’Impero Ottomano tra Rinascimento e crisi della coscienza europea. RIVISTA STORICA ITALIANA, 122(3), 951-1019.
Viaggiatori italiani nell’Impero Ottomano tra Rinascimento e crisi della coscienza europea
FORMICA, MARINA
2010-01-01
Abstract
Collocandosi sul filo lungo della tradizione odeporica e sulle reti di rapporti tra Oriente e Occidente, la ricerca si propone di analizzare le relazioni dei viaggiatori nell’Impero ottomano tra XVI e XVIII secolo sottraendole a logiche gerarchiche di natura artistica e valoriale per meglio coglierne le peculiarità di contaminazione (esterno/interno), d’incontro (l’Altro, l’Altrove), di meditazione metaforica (la peregrinazione come emblema dell’esistenza stessa). Stimolanti sollecitazioni letterarie, politiche, antropologiche, imagologiche ne esaltano, infatti, il valore quali testi portatori di una funzione centrale nei circuiti della conoscenza, chiave di accesso preziosa per la più puntuale comprensione delle forme di costruzione di immagini identitarie nazionali. E fu proprio grazie anche a queste immagini che le società italiane di antico regime, ponendosi a confronto con l’esterno, iniziarono a percepire le proprie affinità interne: di lingua, di cultura, di valori, di continuità spaziali. Da questa prospettiva, dunque, il racconto delle peregrinazioni nelle terre del Levante, con il suo essere depositario di variegate valenze pedagogiche e culturali, appare portatore di un desiderio di trasmettere l’emozione dell’incontro con la diversità: un obiettivo nel cui interno vennero a confluire conflitti ideologici e militari, opposizioni religiose e culturali, forme miste di riprovazione e di ammirazione dell’Altro: componenti assolutamente non statiche e fisse nel tempo, ma in diretta relazione con le guerre, con gli scambi, con le politiche delle corti, italiane ed europee.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.