The current opinion among classical philologists is that in the archaic time, Greek people had a contemptuous disrespect about bowman: in fact they considered him barbaric and cowardly substantially, because he streaked from a secure location, avoiding the close range fighting, that, on the contrary, characterized a warrior’s value. This opinion, was born of the high concept which ancient Greeks had about hoplite combat mode, as early as the seventh century. If in the ancient time of Homeric epic and Trojan cycle the fighter had an equipment (that foreshadowed hoplite’s armor), a warrior “other” as bowman was not disesteemed. The turning point was the tragedy in the fifth century b. C.: Aeschylus, with his “Persians”, corroborated a symbolic opposition between bow / sword and East / West, barbarian / Greek, while Sophocles and Euripides recognized importance of arch (which was used in Salamis battle and then, massively, in the Peloponnesian War): the dispute between Menelaus and Teucer in Sophocles’ Ayax and that between Lycus and Amphitryon, in Euripides’ Heracles represent the conscious assumption of a new reality.

E’ corrente opinione tra i filologi classici che dall’antichità arcaica i Greci abbiano espesso una sprezzante disistima dell’arciere, per lo più barbaro e sostanzialmente vile, uno che colpisce da posizione protetta , alieno da quello scontro ravvicinato, che caratterizza l’autentica prova del valore di un guerriero. In realtà si tratta di un’opinione, cui fa velo l’universale adesione del mondo greco, già a partire dal VII sec. a. C., alle modalità di combattimento di tipo oplitico. E se già in una fase arcaica, quella dell’epos omerico e del ciclo troiano, il combattente è di norma provvisto di un equipaggiamento, che prelude all’armatura di tipo oplitico, il guerriero “altro”, quale l’arciere, non è però di per sé oggetto di disistima. Ma il momento di svolta è la tragedia del V secolo a. C., che dopo aver avvalorato, con Eschilo e i suoi Persiani, un simbolico parallelismo tra la contrapposizione arco/spada e quelle oriente/occidente, barbaro/greco, riconosce l’utilità dell’arciere e se ne serve già a partire da Salamina e poi, massicciamente, nella guerra del Peloponneso: la controversia tra Menelao e Teucro nell’Aiace di Sofocle e tra Lico ed Anfitrione, nell’Eracle di Euripide rappresentano la consapevole assunzione della nuova realtà, proiettata nel mito, come sempre in tragedia.

Casadio, V. (2010). L'arciere nell'antichità greca e romana : Mito, letteratura e storia. Teramo : Evoé Edizioni.

L'arciere nell'antichità greca e romana : Mito, letteratura e storia

CASADIO, VALERIO
2010-05-01

Abstract

The current opinion among classical philologists is that in the archaic time, Greek people had a contemptuous disrespect about bowman: in fact they considered him barbaric and cowardly substantially, because he streaked from a secure location, avoiding the close range fighting, that, on the contrary, characterized a warrior’s value. This opinion, was born of the high concept which ancient Greeks had about hoplite combat mode, as early as the seventh century. If in the ancient time of Homeric epic and Trojan cycle the fighter had an equipment (that foreshadowed hoplite’s armor), a warrior “other” as bowman was not disesteemed. The turning point was the tragedy in the fifth century b. C.: Aeschylus, with his “Persians”, corroborated a symbolic opposition between bow / sword and East / West, barbarian / Greek, while Sophocles and Euripides recognized importance of arch (which was used in Salamis battle and then, massively, in the Peloponnesian War): the dispute between Menelaus and Teucer in Sophocles’ Ayax and that between Lycus and Amphitryon, in Euripides’ Heracles represent the conscious assumption of a new reality.
mag-2010
Settore L-FIL-LET/02 - LINGUA E LETTERATURA GRECA
Settore L-FIL-LET/04 - LINGUA E LETTERATURA LATINA
Settore L-FIL-LET/03 - FILOLOGIA ITALICA, ILLIRICA, CELTICA
Settore L-ANT/07 - ARCHEOLOGIA CLASSICA
Interlingue
Rilevanza internazionale
Monografia
E’ corrente opinione tra i filologi classici che dall’antichità arcaica i Greci abbiano espesso una sprezzante disistima dell’arciere, per lo più barbaro e sostanzialmente vile, uno che colpisce da posizione protetta , alieno da quello scontro ravvicinato, che caratterizza l’autentica prova del valore di un guerriero. In realtà si tratta di un’opinione, cui fa velo l’universale adesione del mondo greco, già a partire dal VII sec. a. C., alle modalità di combattimento di tipo oplitico. E se già in una fase arcaica, quella dell’epos omerico e del ciclo troiano, il combattente è di norma provvisto di un equipaggiamento, che prelude all’armatura di tipo oplitico, il guerriero “altro”, quale l’arciere, non è però di per sé oggetto di disistima. Ma il momento di svolta è la tragedia del V secolo a. C., che dopo aver avvalorato, con Eschilo e i suoi Persiani, un simbolico parallelismo tra la contrapposizione arco/spada e quelle oriente/occidente, barbaro/greco, riconosce l’utilità dell’arciere e se ne serve già a partire da Salamina e poi, massicciamente, nella guerra del Peloponneso: la controversia tra Menelao e Teucro nell’Aiace di Sofocle e tra Lico ed Anfitrione, nell’Eracle di Euripide rappresentano la consapevole assunzione della nuova realtà, proiettata nel mito, come sempre in tragedia.
arciere; antichità greca; antichità romana; mito; letteratura; storia
Casadio, V. (2010). L'arciere nell'antichità greca e romana : Mito, letteratura e storia. Teramo : Evoé Edizioni.
Monografia
Casadio, V
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