Nel volume ci si domanda se abbia ancora senso, e se sì quale, sollevare dubbi in merito alla problematica compatibilità – nel sistema delle fonti penali – tra delega legislativa e riserva di legge. Questo l’interrogativo di fondo da cui la riflessione prende le mosse, interrogativo stimolato dalla constatazione di come larga parte della dottrina sia oggi portata a ritenere la riserva di legge irrimediabilmente in crisi, erosa nelle sua fondamenta da fattori endogeni ed esogeni: il declino della funzione rappresentativa del Parlamento e l’uso generalizzato delle fonti governative; le distorsioni interne al procedimento legislativo; la scarsa efficacia del controllo esercitato da parte dell’opinione pubblica; i distorti rapporti funzionali tra Parlamento e giudici, tanto costituzionali quanto ordinari, e la spinta alla europeizzazione del diritto penale. All’esito di una attenta disamina di tali fattori, la tesi sviluppata e sostenuta nel volume è che ad essere in crisi è il funzionamento, non già il fondamento della riserva di legge. Ci si trova di fronte a contaminazioni note, evidenti, talora macroscopiche ed incontestabili, ma non incontrastabili, che alimentano un quadro critico ma non catastrofico del diritto penale introdotto sulla base di deleghe legislative. Non si scorge, infatti, nella diagnosi dei guasti del modello alcuna insormontabile ragione sostanziale davvero in grado di sminuire il portato politico-ideologico che ha storicamente e geneticamente accompagnato la riserva di legge, tanto da sancire il superamento del significato garantista della dialettica procedurale in tema di libertà, alla ricerca di un suo equivalente funzionale. Cosicché, reagendo tramite interventi mirati ai fattori distonici - invece di assecondarli - è possibile recuperare il senso della garanzia costituzionale del principio. Nel volume si riflette in particolare sulla delega legislativa in materia penale, per evidenziare le implicazioni che derivano dall’attuale ‘evasione’ dalla legge penale del Parlamento. In questa lettura, vengono denunciate le perplessità che lo strumento suscita in termini di legalità sostanziale ed al cospetto dei canoni tipici del diritto penale moderno, attraverso una verifica tra diritto interno e diritto dell’Unione europea. Così, da un lato sono analizzati ampi settori del diritto penale dell’economia recentemente riformati per delega (quali il diritto penale tributario, il diritto penale del lavoro, la responsabilità delle persone giuridiche ed il diritto penale fallimentare) e viene vagliata la possibilità di riconoscere la legge delega come strumento di “ricodificazione” penale; dall’altro, si opera un esame critico dello strumento interno di recepimento delle direttive comunitarie, la c.d. legge comunitaria, oggetto di una recente modifica (operata con l. 24 dicembre 2012, n. 234), che nulla ha innovato con riferimento ai profili problematici inerenti la materia penale. In definitiva, l’obiettivo perseguito nello studio è quello di riqualificare, circoscrivendola (senza eliminarla del tutto), questa importante forma di collaborazione tra potere legislativo e potere esecutivo nella genesi delle fattispecie incriminatrici; per fare ciò si propone il recupero dell’originario significato garantista della mediazione parlamentare (adeguatamente depurata dalle scorie delle disfunzioni dell’attualità) in tema di libertà personale e la ridefinizione, mediante il contemperamento delle esigenze della ragion pratica, di limiti di ammissibilità della delega che siano realmente compatibili con la riserva di legge.
Cupelli, C. (2012). La legalità delegata. Crisi e attualità della riserva di legge nel diritto penale. Napoli : ESI.
La legalità delegata. Crisi e attualità della riserva di legge nel diritto penale
CUPELLI, CRISTIANO
2012-10-01
Abstract
Nel volume ci si domanda se abbia ancora senso, e se sì quale, sollevare dubbi in merito alla problematica compatibilità – nel sistema delle fonti penali – tra delega legislativa e riserva di legge. Questo l’interrogativo di fondo da cui la riflessione prende le mosse, interrogativo stimolato dalla constatazione di come larga parte della dottrina sia oggi portata a ritenere la riserva di legge irrimediabilmente in crisi, erosa nelle sua fondamenta da fattori endogeni ed esogeni: il declino della funzione rappresentativa del Parlamento e l’uso generalizzato delle fonti governative; le distorsioni interne al procedimento legislativo; la scarsa efficacia del controllo esercitato da parte dell’opinione pubblica; i distorti rapporti funzionali tra Parlamento e giudici, tanto costituzionali quanto ordinari, e la spinta alla europeizzazione del diritto penale. All’esito di una attenta disamina di tali fattori, la tesi sviluppata e sostenuta nel volume è che ad essere in crisi è il funzionamento, non già il fondamento della riserva di legge. Ci si trova di fronte a contaminazioni note, evidenti, talora macroscopiche ed incontestabili, ma non incontrastabili, che alimentano un quadro critico ma non catastrofico del diritto penale introdotto sulla base di deleghe legislative. Non si scorge, infatti, nella diagnosi dei guasti del modello alcuna insormontabile ragione sostanziale davvero in grado di sminuire il portato politico-ideologico che ha storicamente e geneticamente accompagnato la riserva di legge, tanto da sancire il superamento del significato garantista della dialettica procedurale in tema di libertà, alla ricerca di un suo equivalente funzionale. Cosicché, reagendo tramite interventi mirati ai fattori distonici - invece di assecondarli - è possibile recuperare il senso della garanzia costituzionale del principio. Nel volume si riflette in particolare sulla delega legislativa in materia penale, per evidenziare le implicazioni che derivano dall’attuale ‘evasione’ dalla legge penale del Parlamento. In questa lettura, vengono denunciate le perplessità che lo strumento suscita in termini di legalità sostanziale ed al cospetto dei canoni tipici del diritto penale moderno, attraverso una verifica tra diritto interno e diritto dell’Unione europea. Così, da un lato sono analizzati ampi settori del diritto penale dell’economia recentemente riformati per delega (quali il diritto penale tributario, il diritto penale del lavoro, la responsabilità delle persone giuridiche ed il diritto penale fallimentare) e viene vagliata la possibilità di riconoscere la legge delega come strumento di “ricodificazione” penale; dall’altro, si opera un esame critico dello strumento interno di recepimento delle direttive comunitarie, la c.d. legge comunitaria, oggetto di una recente modifica (operata con l. 24 dicembre 2012, n. 234), che nulla ha innovato con riferimento ai profili problematici inerenti la materia penale. In definitiva, l’obiettivo perseguito nello studio è quello di riqualificare, circoscrivendola (senza eliminarla del tutto), questa importante forma di collaborazione tra potere legislativo e potere esecutivo nella genesi delle fattispecie incriminatrici; per fare ciò si propone il recupero dell’originario significato garantista della mediazione parlamentare (adeguatamente depurata dalle scorie delle disfunzioni dell’attualità) in tema di libertà personale e la ridefinizione, mediante il contemperamento delle esigenze della ragion pratica, di limiti di ammissibilità della delega che siano realmente compatibili con la riserva di legge.File | Dimensione | Formato | |
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