As a general theory of perception, a pathic aesthetics ceases to be a theory of privileged objects like the works of arts and considers man as a being emotionally and felt-bodily touched by feelings (atmospheres) widespread in his (lived) space. By exploring how he exposes himself to what happens, man turns out to be not as “subject of something” but rather as a “subject to something”: a “sovereign” man free from the claim of autonomy imposed by the Modernity.

Come teoria generale della percezione (sensibile e leiblich), interessata all’uomo stesso come essere naturale, sensibilmente e affettivamente toccato dal suo mondo circostante, l’estetica patica va intesa come un capitolo rilevante di una più generale teoria fenomenologica delle atmosfere, ossia delle risonanze proprio-corporee suscitate in noi dagli spazi (vissuti) in cui ci troviamo e, come tali, decisive per la qualità della nostra intera esistenza.Un’estetica patica (atmosferologica e neofenomenologica) cessa, dunque, di essere una teoria riflessiva su oggetti privilegiati (le opere d’arte), per trasformarsi piuttosto in una prassi, grazie alla quale apprendere “come esporsi” a ciò che accade, facendo tesoro di quanto incontriamo di inatteso. Il suo fine è un’indagine non gnosica (“non esperta”) ma patica del nostro coinvolgimento affettivo e leiblich (perciò a pieno titolo “estetico”) a opera di sentimenti atmosferici effusi nello spazio (vissuto) e da noi indipendenti quanto le (husserliane) sintesi passive. Alla luce di questo davvero interdisciplinare atmospheric turn, il cui merito è forse anche quello di rivitalizzare istanze da tempo erroneamente confinate in quello snodo tra Sette- e Ottocento cui si diede a giusto titolo il nome di “epoca della Empfindsamkeit”, è finalmente possibile concepire, e senza tentazioni regressive, l’uomo non tanto come un soggetto-di quanto come un soggetto-a, come un ente non tanto autonomo e indipendente, come pretende a forza la Modernità, quanto “sovrano” e “maggiorenne” nella misura in cui “sa” come esporsi a ciò che (gli) accade e su cui non ha controllo.

Griffero, T.b. (2014). Estetica patica. Appunti per un’atmosferologia neofenomenologica. STUDI DI ESTETICA, 42(1-2), 161-183.

Estetica patica. Appunti per un’atmosferologia neofenomenologica

GRIFFERO, TONINO BERNARDO
2014-01-01

Abstract

As a general theory of perception, a pathic aesthetics ceases to be a theory of privileged objects like the works of arts and considers man as a being emotionally and felt-bodily touched by feelings (atmospheres) widespread in his (lived) space. By exploring how he exposes himself to what happens, man turns out to be not as “subject of something” but rather as a “subject to something”: a “sovereign” man free from the claim of autonomy imposed by the Modernity.
2014
Pubblicato
Rilevanza nazionale
Articolo
Sì, ma tipo non specificato
Settore M-FIL/04 - ESTETICA
Italian
Come teoria generale della percezione (sensibile e leiblich), interessata all’uomo stesso come essere naturale, sensibilmente e affettivamente toccato dal suo mondo circostante, l’estetica patica va intesa come un capitolo rilevante di una più generale teoria fenomenologica delle atmosfere, ossia delle risonanze proprio-corporee suscitate in noi dagli spazi (vissuti) in cui ci troviamo e, come tali, decisive per la qualità della nostra intera esistenza.Un’estetica patica (atmosferologica e neofenomenologica) cessa, dunque, di essere una teoria riflessiva su oggetti privilegiati (le opere d’arte), per trasformarsi piuttosto in una prassi, grazie alla quale apprendere “come esporsi” a ciò che accade, facendo tesoro di quanto incontriamo di inatteso. Il suo fine è un’indagine non gnosica (“non esperta”) ma patica del nostro coinvolgimento affettivo e leiblich (perciò a pieno titolo “estetico”) a opera di sentimenti atmosferici effusi nello spazio (vissuto) e da noi indipendenti quanto le (husserliane) sintesi passive. Alla luce di questo davvero interdisciplinare atmospheric turn, il cui merito è forse anche quello di rivitalizzare istanze da tempo erroneamente confinate in quello snodo tra Sette- e Ottocento cui si diede a giusto titolo il nome di “epoca della Empfindsamkeit”, è finalmente possibile concepire, e senza tentazioni regressive, l’uomo non tanto come un soggetto-di quanto come un soggetto-a, come un ente non tanto autonomo e indipendente, come pretende a forza la Modernità, quanto “sovrano” e “maggiorenne” nella misura in cui “sa” come esporsi a ciò che (gli) accade e su cui non ha controllo.
Pathic aesthetics; atmospheres; involvement in distance
Griffero, T.b. (2014). Estetica patica. Appunti per un’atmosferologia neofenomenologica. STUDI DI ESTETICA, 42(1-2), 161-183.
Griffero, Tb
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