Il percorso affrontato nel presente lavoro tenta di mettere in luce le criticità e le connessioni che sussistono nel diritto del lavoro tra momento sostanziale – quello relativo al contratto collettivo come elemento normativo e regolativo di un numero indeterminato di rapporti di lavoro – e quello processuale – vale a dire il momento in cui la disposizione del contratto collettivo diventa oggetto di contrasto interpretativo e, quindi, non più regolativo ma foriero di incertezza. Così infatti la Corte costituzionale ha segnalato che “il rischio della polverizzazione delle decisioni, nel concreto potrebbe, con il vanificare l’uniformità della applicazione di un contratto collettivo, determinare ricadute negative sul piano fattuale in termini di incertezza del diritto”. Un tentativo di arginare tale incertezza è stato realizzato, in primo luogo, in sede interpretativa e dunque mediante l’esame e la ricerca dello strumento ermeneutico che meglio riuscisse a portare alla luce il vero decisum, o almeno il vero valore dispositivo, della clausola contrattuale collettiva che veniva censurata. Ma il possibile allarme sociale, derivante e connesso con tale situazione di disordine sostanziale e processuale, non è sfuggito neanche al legislatore che, con diffusi interventi volti a regolare l’aspetto processuale, ha variamente tentato di introdurre meccanismi che, per un verso, consentissero di arginare questa dispersione normativa e, per un altro, riuscissero a porre un freno al fenomeno del dilagare delle controversie di lavoro. Il percorso è iniziato nel settore pubblico con quel meccanismo di accertamento pregiudiziale che, combinato alla interpretazione autentica del testo contrattuale da parte dell’Aran e alla diretta sindacabilità delle norme contrattuali da parte della Suprema Corte, configurava un “unicum regolativo” destinato a scalfire l’incertezza normativa ed dilagare del contenzioso, per poi, successivamente, trovare terreno fertile anche rispetto al contratto collettivo di diritto comune, non senza sostanziose differenze e vecchi e nuovi problemi applicativi. Rispetto alle scelte legislative si è poi messo in luce la problematicità della previsione della diretta sindacabilità del contratto collettivo da parte della Corte di cassazione. Se infatti da parte dei più tale disposizione processuale è stata inquadrata unicamente come strumento di potenziamento del compito nomofilattico della Corte, non è mancato chi, proprio su tali basi, ha prospettato la definitiva equiparazione, seppur indiretta, delle norme contrattuali collettive alle norme di diritto. Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria, sembra doversi avallare la soluzione più prudente per la quale deve rimanere ferma la natura sostanziale dell’atto come contratto, e quindi come prodotto dell’autonomia privata, ancorché collettiva, e non come legge con la conseguente applicazione dei relativi criteri di ermeneutica negoziale. E’ facile capire come però rispetto a questa più cauta soluzione possano ancora residuare una serie di interrogativi e dibattiti non ancora del tutto sopiti, in ragione dei quali non sarebbe forse ipotesi del tutto peregrina auspicare una risposta da parte del giudice delle leggi.

Evangelista, F. (2009). Contratto collettivo e processo del lavoro.

Contratto collettivo e processo del lavoro

EVANGELISTA, FRANCESCA
2009-09-01

Abstract

Il percorso affrontato nel presente lavoro tenta di mettere in luce le criticità e le connessioni che sussistono nel diritto del lavoro tra momento sostanziale – quello relativo al contratto collettivo come elemento normativo e regolativo di un numero indeterminato di rapporti di lavoro – e quello processuale – vale a dire il momento in cui la disposizione del contratto collettivo diventa oggetto di contrasto interpretativo e, quindi, non più regolativo ma foriero di incertezza. Così infatti la Corte costituzionale ha segnalato che “il rischio della polverizzazione delle decisioni, nel concreto potrebbe, con il vanificare l’uniformità della applicazione di un contratto collettivo, determinare ricadute negative sul piano fattuale in termini di incertezza del diritto”. Un tentativo di arginare tale incertezza è stato realizzato, in primo luogo, in sede interpretativa e dunque mediante l’esame e la ricerca dello strumento ermeneutico che meglio riuscisse a portare alla luce il vero decisum, o almeno il vero valore dispositivo, della clausola contrattuale collettiva che veniva censurata. Ma il possibile allarme sociale, derivante e connesso con tale situazione di disordine sostanziale e processuale, non è sfuggito neanche al legislatore che, con diffusi interventi volti a regolare l’aspetto processuale, ha variamente tentato di introdurre meccanismi che, per un verso, consentissero di arginare questa dispersione normativa e, per un altro, riuscissero a porre un freno al fenomeno del dilagare delle controversie di lavoro. Il percorso è iniziato nel settore pubblico con quel meccanismo di accertamento pregiudiziale che, combinato alla interpretazione autentica del testo contrattuale da parte dell’Aran e alla diretta sindacabilità delle norme contrattuali da parte della Suprema Corte, configurava un “unicum regolativo” destinato a scalfire l’incertezza normativa ed dilagare del contenzioso, per poi, successivamente, trovare terreno fertile anche rispetto al contratto collettivo di diritto comune, non senza sostanziose differenze e vecchi e nuovi problemi applicativi. Rispetto alle scelte legislative si è poi messo in luce la problematicità della previsione della diretta sindacabilità del contratto collettivo da parte della Corte di cassazione. Se infatti da parte dei più tale disposizione processuale è stata inquadrata unicamente come strumento di potenziamento del compito nomofilattico della Corte, non è mancato chi, proprio su tali basi, ha prospettato la definitiva equiparazione, seppur indiretta, delle norme contrattuali collettive alle norme di diritto. Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria, sembra doversi avallare la soluzione più prudente per la quale deve rimanere ferma la natura sostanziale dell’atto come contratto, e quindi come prodotto dell’autonomia privata, ancorché collettiva, e non come legge con la conseguente applicazione dei relativi criteri di ermeneutica negoziale. E’ facile capire come però rispetto a questa più cauta soluzione possano ancora residuare una serie di interrogativi e dibattiti non ancora del tutto sopiti, in ragione dei quali non sarebbe forse ipotesi del tutto peregrina auspicare una risposta da parte del giudice delle leggi.
1-set-2009
21. ciclo
DIRITTO SINDACALE, DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE
21.
contratto collettivo; processo del lavoro; questione interpretativa
Settore IUS/07 - DIRITTO DEL LAVORO
Italian
Tesi di dottorato
Evangelista, F. (2009). Contratto collettivo e processo del lavoro.
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