Nel presente lavoro si è inteso mettere in evidenza come, l’evoluzione della normativa italiana ed europea, in tema di formazione continua, si sia spinta nella direzione di valorizzare la competenza e la professionalità delle risorse umane, andando incontro, in questo modo, all’ esigenza dell’ impresa di una domanda di lavoro qualificato, ma nello stesso tempo cercando di aumentare le opportunità di occupazione e di carriera del lavoratore in un contesto di innovazione tecnologica e di serrata concorrenza. Nel corso dell’analisi si è cercato di mettere a confronto le diverse posizioni dottrinali a favore e contro l’inserimento dell’obbligo formativo all’interno dello schema causale del contratto, osservandone le eventuali conseguenze, in particolare in capo al datore di lavoro, che si vedrebbe, in questo modo, incaricato di un obbligo di formazione nei confronti dei propri lavoratori. Funzione fondamentale nella promozione della formazione, rivestono le modalità di gestione del mutamento di mansioni, legate alle diverse operazioni interpretative compiute sull’art. 2103 c.c., che sono state descritte soprattutto in riferimento all’evoluzione del concetto di tutela della professionalità, elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e che hanno portato ad abbandonare la difesa della cd. «professionalità statica», per passare a una tutela della «professionalità dinamica» che tiene conto anche del possibile sviluppo futuro del patrimonio professionale del lavoratore. L'autonomia collettiva non può rimediare nel settore del lavoro privato, in assenza di un rinvio legale, alla specificazione della norma relativa allo jus variandi, mentre nel settore del lavoro pubblico il rinvio legale esiste, ma non ne è stata finora sfruttata la portata, negli accordi di comparto. Tuttavia, una gestione flessibile degli inquadramenti, da parte della contrattazione collettiva, oltre a consentire di includere nel contenuto della prestazione dovuta una serie di compiti aggiuntivi rispetto a quelli specifici delle tradizionali figure professionali, nonché le c.d. mansioni promiscue o polivalenti, è utile ai fini della rideterminazione del contenuto del concetto di equivalenza in senso dinamico. In conclusione, al fine di inquadrare l’esperienza italiana nel contesto internazionale in materia di formazione e di sostegno allo sviluppo della professionalità è stata effettuata un’analisi comparativa con le esperienze di un Paese piuttosto vicino a noi per cultura e per tradizioni, come la Francia, in cui sono attivi già da tempo strumenti di promozione delle politiche di formazione continua.
Fruci, D. (2008). Percorsi formativi nel rapporto di lavoro.
Percorsi formativi nel rapporto di lavoro
2008-12-02
Abstract
Nel presente lavoro si è inteso mettere in evidenza come, l’evoluzione della normativa italiana ed europea, in tema di formazione continua, si sia spinta nella direzione di valorizzare la competenza e la professionalità delle risorse umane, andando incontro, in questo modo, all’ esigenza dell’ impresa di una domanda di lavoro qualificato, ma nello stesso tempo cercando di aumentare le opportunità di occupazione e di carriera del lavoratore in un contesto di innovazione tecnologica e di serrata concorrenza. Nel corso dell’analisi si è cercato di mettere a confronto le diverse posizioni dottrinali a favore e contro l’inserimento dell’obbligo formativo all’interno dello schema causale del contratto, osservandone le eventuali conseguenze, in particolare in capo al datore di lavoro, che si vedrebbe, in questo modo, incaricato di un obbligo di formazione nei confronti dei propri lavoratori. Funzione fondamentale nella promozione della formazione, rivestono le modalità di gestione del mutamento di mansioni, legate alle diverse operazioni interpretative compiute sull’art. 2103 c.c., che sono state descritte soprattutto in riferimento all’evoluzione del concetto di tutela della professionalità, elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e che hanno portato ad abbandonare la difesa della cd. «professionalità statica», per passare a una tutela della «professionalità dinamica» che tiene conto anche del possibile sviluppo futuro del patrimonio professionale del lavoratore. L'autonomia collettiva non può rimediare nel settore del lavoro privato, in assenza di un rinvio legale, alla specificazione della norma relativa allo jus variandi, mentre nel settore del lavoro pubblico il rinvio legale esiste, ma non ne è stata finora sfruttata la portata, negli accordi di comparto. Tuttavia, una gestione flessibile degli inquadramenti, da parte della contrattazione collettiva, oltre a consentire di includere nel contenuto della prestazione dovuta una serie di compiti aggiuntivi rispetto a quelli specifici delle tradizionali figure professionali, nonché le c.d. mansioni promiscue o polivalenti, è utile ai fini della rideterminazione del contenuto del concetto di equivalenza in senso dinamico. In conclusione, al fine di inquadrare l’esperienza italiana nel contesto internazionale in materia di formazione e di sostegno allo sviluppo della professionalità è stata effettuata un’analisi comparativa con le esperienze di un Paese piuttosto vicino a noi per cultura e per tradizioni, come la Francia, in cui sono attivi già da tempo strumenti di promozione delle politiche di formazione continua.File | Dimensione | Formato | |
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