Nel volume si pone in evidenza il ruolo di stimolo e di mediazione culturale che Giorgio de Chirico esercitò, senza intuirne a pieno la portata, su innumerevoli artisti e poeti che videro le sue tele 'metafisiche' del periodo parigino, in particolare Breton e Ungaretti. Sarà con una punta di ben giustificato orgoglio che Ungaretti, a distanza di anni, ricorderà di essere stato il primo italiano a conoscerne le opere del periodo parigino. Si ricostruisce, inoltre, la fitta rete di rapporti stabilitisi tra personaggi del calibro di Apollinaire, de Chirico, Breton, a partire dai due celebri ritratti di Apollinaire eseguiti nel 1914, dove il poeta francese viene consacrato come il nuovo cantore di una tradizione, nata in Grecia e proseguita nel Rinascimento italiano, di un'arte orfica e oracolare, volutamente 'sibillina', come quella che verrà proclamata dai surrealisti. Un'arte che sa farsi tramite degli archetipi dell'inconscio collettivo trasmessici dal mondo mitico e onirico: in questo veramente orfica, come certamente l'intendeva lo stesso Apollinaire, cui peraltro si deve l'introduzione, nel 1912, del termine 'orfismo' (da lui coniato per definire la ricerca della luce nel cubismo di Delaunay).
SALINA BORELLO, R. (2005). La maschera e il vuoto, Saggi su Savinio, De Chirico, Breton, Piramdello, Nietzsche, Canetti, Tacano, Ungaretti, Quasimodo, Luzzi, Montale, Calvino e altri. Roma : Aracne.
La maschera e il vuoto, Saggi su Savinio, De Chirico, Breton, Piramdello, Nietzsche, Canetti, Tacano, Ungaretti, Quasimodo, Luzzi, Montale, Calvino e altri
SALINA BORELLO, ROSALMA
2005-01-01
Abstract
Nel volume si pone in evidenza il ruolo di stimolo e di mediazione culturale che Giorgio de Chirico esercitò, senza intuirne a pieno la portata, su innumerevoli artisti e poeti che videro le sue tele 'metafisiche' del periodo parigino, in particolare Breton e Ungaretti. Sarà con una punta di ben giustificato orgoglio che Ungaretti, a distanza di anni, ricorderà di essere stato il primo italiano a conoscerne le opere del periodo parigino. Si ricostruisce, inoltre, la fitta rete di rapporti stabilitisi tra personaggi del calibro di Apollinaire, de Chirico, Breton, a partire dai due celebri ritratti di Apollinaire eseguiti nel 1914, dove il poeta francese viene consacrato come il nuovo cantore di una tradizione, nata in Grecia e proseguita nel Rinascimento italiano, di un'arte orfica e oracolare, volutamente 'sibillina', come quella che verrà proclamata dai surrealisti. Un'arte che sa farsi tramite degli archetipi dell'inconscio collettivo trasmessici dal mondo mitico e onirico: in questo veramente orfica, come certamente l'intendeva lo stesso Apollinaire, cui peraltro si deve l'introduzione, nel 1912, del termine 'orfismo' (da lui coniato per definire la ricerca della luce nel cubismo di Delaunay).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.