Vittorio De Feo spent the last weeks of his life developing a project for the Rectorate of the University of Rome Tor Vergata. He had always preferred being a soloist, playing pieces to be performed with neither choir nor orchestra, and this occasion was no exception. In fact, De Feo conceived both the planning and its concrete realization as separate actions, the former to be carried out solo, the latter in cooperation with few trusted collaborators. It was a practice which he had been calibrating over time, by imprinting his works with complete autography. In the last decades of his professional activity, De Feo’s project attitude had used and merged primary geometric shapes, thus producing new spatial layouts. Sometimes they were juxtapositions; at other times, real collisions. In any event, the renunciation of each element’s volumetric autonomy created surprising perspectives, unexpected geometric rotations, and syncopated height variations. The resulting spatiality is convincing both in terms of external dynamic figuration and of the concatenation of internal spaces. Ultimately, the content and the container match each other, beyond any possible “ideological naturalism”. This essay investigates De Feo’s last works, where such sophisticated experimentations are more evident and fully settled.

Vittorio De Feo trascorse le ultime settimane elaborando il progetto per il Rettorato dell’Ateneo di Tor Vergata. Come sempre, anche in quell’ultima occasione, egli inseguiva l’assolo, il brano che si esegue senza l’accompagnamento del coro o dell’intera orchestra. Infatti, per De Feo l’idea e la sua trasposizione concreta erano azioni distinte, la prima condotta in solitaria, la seconda insieme a pochi fidati collaboratori. Una prassi progettuale che egli aveva calibrato nel tempo, imprimendo alle opere piena autografia. Negli ultimi decenni di attività professionale, l’approccio di De Feo al progetto si serve di forme geometriche primarie, che si fondono, dando vita a nuovi assetti spaziali. Talvolta si tratta di giustapposizioni, altre di autentiche collisioni; in ogni caso, la rinuncia all’autonomia volumetrica di ciascun elemento crea, nell’architettura così congeniata, angolazioni prospettiche sorprendenti, rotazioni geometriche inaspettate, variazioni di quota sincopate. L’esito è una spazialità convincente sia nella figurazione dinamica esterna, sia nella concatenazione degli spazi interni. In definitiva, invaso e involucro si corrispondono, al di fuori di ogni ‘naturalismo ideologico’. Il saggio si concentra sulle ultime opere di De Feo, nelle quali tale sofisticate sperimentazioni sono più evidenti e compiutamente risolte.

D'Amelio, M.g. (2017). La chiesa di San Tommaso d’Aquino e altri progetti di Vittorio de Feo per Tor Vergata e altrove. RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA, Anno LII(Vol. 152), 47-54.

La chiesa di San Tommaso d’Aquino e altri progetti di Vittorio de Feo per Tor Vergata e altrove

Maria Grazia D'Amelio
2017-10-01

Abstract

Vittorio De Feo spent the last weeks of his life developing a project for the Rectorate of the University of Rome Tor Vergata. He had always preferred being a soloist, playing pieces to be performed with neither choir nor orchestra, and this occasion was no exception. In fact, De Feo conceived both the planning and its concrete realization as separate actions, the former to be carried out solo, the latter in cooperation with few trusted collaborators. It was a practice which he had been calibrating over time, by imprinting his works with complete autography. In the last decades of his professional activity, De Feo’s project attitude had used and merged primary geometric shapes, thus producing new spatial layouts. Sometimes they were juxtapositions; at other times, real collisions. In any event, the renunciation of each element’s volumetric autonomy created surprising perspectives, unexpected geometric rotations, and syncopated height variations. The resulting spatiality is convincing both in terms of external dynamic figuration and of the concatenation of internal spaces. Ultimately, the content and the container match each other, beyond any possible “ideological naturalism”. This essay investigates De Feo’s last works, where such sophisticated experimentations are more evident and fully settled.
ott-2017
Pubblicato
Rilevanza internazionale
Articolo
Esperti anonimi
Settore ICAR/18 - STORIA DELL'ARCHITETTURA
Italian
Vittorio De Feo trascorse le ultime settimane elaborando il progetto per il Rettorato dell’Ateneo di Tor Vergata. Come sempre, anche in quell’ultima occasione, egli inseguiva l’assolo, il brano che si esegue senza l’accompagnamento del coro o dell’intera orchestra. Infatti, per De Feo l’idea e la sua trasposizione concreta erano azioni distinte, la prima condotta in solitaria, la seconda insieme a pochi fidati collaboratori. Una prassi progettuale che egli aveva calibrato nel tempo, imprimendo alle opere piena autografia. Negli ultimi decenni di attività professionale, l’approccio di De Feo al progetto si serve di forme geometriche primarie, che si fondono, dando vita a nuovi assetti spaziali. Talvolta si tratta di giustapposizioni, altre di autentiche collisioni; in ogni caso, la rinuncia all’autonomia volumetrica di ciascun elemento crea, nell’architettura così congeniata, angolazioni prospettiche sorprendenti, rotazioni geometriche inaspettate, variazioni di quota sincopate. L’esito è una spazialità convincente sia nella figurazione dinamica esterna, sia nella concatenazione degli spazi interni. In definitiva, invaso e involucro si corrispondono, al di fuori di ogni ‘naturalismo ideologico’. Il saggio si concentra sulle ultime opere di De Feo, nelle quali tale sofisticate sperimentazioni sono più evidenti e compiutamente risolte.
Vittorio De Feo
D'Amelio, M.g. (2017). La chiesa di San Tommaso d’Aquino e altri progetti di Vittorio de Feo per Tor Vergata e altrove. RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA, Anno LII(Vol. 152), 47-54.
D'Amelio, Mg
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2108/198559
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