La scomparsa di Majorana (1975), il singolare pamphlet di Leonardo Sciascia sul caso del giovane e geniale fisico catanese misteriosamente scomparso nel 1938, si rivela essere un vero e proprio codice cifrato. È a partire da questa valenza, a tutt’oggi non emersa, che il testo può essere rivisitato e riproposto. L’operetta, sia al suo apparire (quando ha suscitato immediate e vivaci polemiche di ordine storico ed ideologico) che successivamente, è stata considerata esclusivamente nel suo ‘discorso di superficie’ (o ‘di copertura’) ed interpretata essenzialmente in chiave etica. Questa la lettura fino ad ora invalsa: la scelta – intenzionale ed eroica – di Ettore Majorana di scomparire dalla scena del mondo rappresenta quel paradigmatico rifiuto della scienza quando questa – come nel caso eclatante della ricerca sul nucleare – minacci distruzione e morte. Una scelta plateale, perché interpretata da uno dei più geniali e lungimiranti protagonisti della ricerca scientifica dei nostri tempi. Ruolo non secondario, nel dibattito suscitato dalla pubblicazione, ha rivestito – implicitamente – la questione relativa al genere letterario dell’opera: inchiesta, romanzo, biografia, parabola…? Più generi sono in realtà coinvolti, ma vanno tutti inquadrati entro la prospettiva di una scrittura criptata, articolata su più registri e livelli. I registri del reale, dell’immaginario e del simbolico, difatti, si alternano con fini precisi. Così come un livello sommerso, uno manifesto ed uno alluso interagiscono tra loro nella tessitura di un discorso complesso, equivoco ed ‘altro’, da decoficare. La pista ermeneutica fornita dall’autore per l’intelligenza del testo passa in primis attraverso la menzione di Alberto Savinio, le cui opere Sciascia ben conosceva ed apprezzava già negli anni ’70, quando ancora lo scrittore surrealista era pressoché ignoto in Italia. Gli spunti mutuati da Savinio risultano difatti numerosi nel libro su Majorana, così come motivi, suggestioni stilistiche, organizzazione biografica ed altri espedienti di ascendenza più o meno surrealistica. In particolare, sono etimologie, paretimologie e giochi con i significanti verbali a costituire la chiave privilegiata per la comprensione del retroscena storico, esistenziale e metafisico della vicenda del fisico dell’équipe di Fermi, così come questa è stata ricostruita, letta ed allusa da Sciascia. Dall’indagine a partire dagli elementi-spia disseminati nel testo, la trama allusiva si rivela inattesa e sorprendente: sono in questione verità molto più scottanti ed inquietanti di quelle che emergono dalla lettura univoca e ‘rassicurante’ che dell’opera è stata data fino ad oggi. Lo scenario si allargherebbe a livelli internazionali coinvolgendo i vertici del potere e collimando, in parte, con ipotesi storico-scientifiche che solo di recente sono state avanzate sul caso dello scienziato scomparso. La pista allusiva, cifrata, rivendicherebbe dunque a pieno titolo il valore, oltre che estetico, anche epistemologico del lavoro di Sciascia sul caso Majorana, proprio attraverso le peculiarità della scrittura letteraria. Una scrittura, in questo caso, altamente articolata e polivalente, attraverso la quale Sciascia ha potuto opportunamente esprimere (ed anche mistificare) gli esiti ed i motivi della propria inchiesta: certezze, ipotesi, dubbi, impressioni, reticenze, timori. Ivi compreso il timore di dire, date le ‘esplosive’ questioni cui la vicenda rinvia. È proprio la polivalenza espressiva a consentire di trascorrere con estrema disinvoltura, in un’operetta di poche pagine, attraverso numerose prospettive: storico-documentaristica, psicologica, filosofica, scientifica, giuridica, politica, romanzesca, simbolica. Con le quali il lettore, come parte attiva nell’indagine (alias, nella sfida ermeneutica al testo), è sollecitato più che mai a confrontarsi. Così come è invitato a valutare il pregio di un’esperienza estetica che fa leva soprattutto sull’interazione di più discorsi, spesso dissonanti, a volte paralleli, altre convergenti. E tutti sapientemente condotti.

Bisi, S. (2009). Sciascia e Majorana: sulle tracce dell’Altro: spunti saviniani ne La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia.

Sciascia e Majorana: sulle tracce dell’Altro: spunti saviniani ne La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia

2009-09-02

Abstract

La scomparsa di Majorana (1975), il singolare pamphlet di Leonardo Sciascia sul caso del giovane e geniale fisico catanese misteriosamente scomparso nel 1938, si rivela essere un vero e proprio codice cifrato. È a partire da questa valenza, a tutt’oggi non emersa, che il testo può essere rivisitato e riproposto. L’operetta, sia al suo apparire (quando ha suscitato immediate e vivaci polemiche di ordine storico ed ideologico) che successivamente, è stata considerata esclusivamente nel suo ‘discorso di superficie’ (o ‘di copertura’) ed interpretata essenzialmente in chiave etica. Questa la lettura fino ad ora invalsa: la scelta – intenzionale ed eroica – di Ettore Majorana di scomparire dalla scena del mondo rappresenta quel paradigmatico rifiuto della scienza quando questa – come nel caso eclatante della ricerca sul nucleare – minacci distruzione e morte. Una scelta plateale, perché interpretata da uno dei più geniali e lungimiranti protagonisti della ricerca scientifica dei nostri tempi. Ruolo non secondario, nel dibattito suscitato dalla pubblicazione, ha rivestito – implicitamente – la questione relativa al genere letterario dell’opera: inchiesta, romanzo, biografia, parabola…? Più generi sono in realtà coinvolti, ma vanno tutti inquadrati entro la prospettiva di una scrittura criptata, articolata su più registri e livelli. I registri del reale, dell’immaginario e del simbolico, difatti, si alternano con fini precisi. Così come un livello sommerso, uno manifesto ed uno alluso interagiscono tra loro nella tessitura di un discorso complesso, equivoco ed ‘altro’, da decoficare. La pista ermeneutica fornita dall’autore per l’intelligenza del testo passa in primis attraverso la menzione di Alberto Savinio, le cui opere Sciascia ben conosceva ed apprezzava già negli anni ’70, quando ancora lo scrittore surrealista era pressoché ignoto in Italia. Gli spunti mutuati da Savinio risultano difatti numerosi nel libro su Majorana, così come motivi, suggestioni stilistiche, organizzazione biografica ed altri espedienti di ascendenza più o meno surrealistica. In particolare, sono etimologie, paretimologie e giochi con i significanti verbali a costituire la chiave privilegiata per la comprensione del retroscena storico, esistenziale e metafisico della vicenda del fisico dell’équipe di Fermi, così come questa è stata ricostruita, letta ed allusa da Sciascia. Dall’indagine a partire dagli elementi-spia disseminati nel testo, la trama allusiva si rivela inattesa e sorprendente: sono in questione verità molto più scottanti ed inquietanti di quelle che emergono dalla lettura univoca e ‘rassicurante’ che dell’opera è stata data fino ad oggi. Lo scenario si allargherebbe a livelli internazionali coinvolgendo i vertici del potere e collimando, in parte, con ipotesi storico-scientifiche che solo di recente sono state avanzate sul caso dello scienziato scomparso. La pista allusiva, cifrata, rivendicherebbe dunque a pieno titolo il valore, oltre che estetico, anche epistemologico del lavoro di Sciascia sul caso Majorana, proprio attraverso le peculiarità della scrittura letteraria. Una scrittura, in questo caso, altamente articolata e polivalente, attraverso la quale Sciascia ha potuto opportunamente esprimere (ed anche mistificare) gli esiti ed i motivi della propria inchiesta: certezze, ipotesi, dubbi, impressioni, reticenze, timori. Ivi compreso il timore di dire, date le ‘esplosive’ questioni cui la vicenda rinvia. È proprio la polivalenza espressiva a consentire di trascorrere con estrema disinvoltura, in un’operetta di poche pagine, attraverso numerose prospettive: storico-documentaristica, psicologica, filosofica, scientifica, giuridica, politica, romanzesca, simbolica. Con le quali il lettore, come parte attiva nell’indagine (alias, nella sfida ermeneutica al testo), è sollecitato più che mai a confrontarsi. Così come è invitato a valutare il pregio di un’esperienza estetica che fa leva soprattutto sull’interazione di più discorsi, spesso dissonanti, a volte paralleli, altre convergenti. E tutti sapientemente condotti.
2-set-2009
A.A. 2008/2009
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